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Grassi saturi e salute: rivalutazione e proposta per le linee guida alimentari

Grassi saturi e salute: rivalutazione e proposta per le linee guida alimentari

Grassi saturi e salute: rivalutazione e proposta per le linee guida alimentari

L’attuale medicina asserisce di essere basata sulle evidenze. È noto che, nella ricerca scientifica, le evidenze possano mutare nel tempo. Anzi, secondo Karl Popper la ricerca avanza grazie proprio al principio della falsificabilità dei risultati. Secondo Popper, se anche un solo risultato non soddisfa una teoria, questa va rivista.
Pensate ai grandi progressi che sono stati possibili grazie, ad esempio, ad aver sostituito la teoria eliocentrica a quella geocentrica, ad aver accettato che l’atomo (a-tomo=indivisibile) fosse divisibile fino alle particelle sub-atomiche, ad aver accettato l’esistenza dell’antimateria.
Certo, alcune grandi scoperte non sono state accolte facilmente, alcune sono costate un occhio o due della testa.
Così, oggi, soprattutto le recenti scoperte sul microbiota sconvolgono aspetti della fisiologia, della medicina e della nutrizione. Queste nuove evidenze sono talmente forti da non farci capire perché non siano state applicate nella pratica clinica e nella nutrizione.

Nel febbraio 2020 a Washington, DC. si è tenuto un Workshop dal titolo: “Saturated Fat and Health: A Nutrient or Food Approach?”, che è stato finanziato dalla Nutrition Coalition, un’organizzazione no-profit, educativa, apartitica, il cui scopo principale è garantire che la politica nutrizionale degli Stati Uniti sia basata su rigorose prove scientifiche.

Al workshop hanno partecipato esperti della nutrizione delle Università di Copenhagen, di Houston, di Austin, di Birmingham, dell’Ontario, di Boston e di San Francisco. Le loro comunicazioni sono state pubblicate su J Am Coll Cardiol.

Traduzione di un paragrafo:

DAI SINGOLI NUTRIENTI AI CIBI INTERI: LEZIONI DA DIETE ANCESTRALI, CIBO DA LAVORAZIONE E LA MATRICE ALIMENTARE

L’effetto sulla salute generale di grassi e oli dipende dal contenuto di SFA e acidi grassi insaturi ma non è solo la somma degli effetti dei componenti lipidici individuali a determinare tale effetto. Piuttosto, ricoprono un ruolo determinante gli effetti di interazione dei componenti naturali e da composti malsani introdotti dalla lavorazione. Questi composti sono spesso trascurati nella valutazione degli effetti sulla salute di oli e grassi, e il rischio di ciò è illustrato dalla storia dei “grassi trans”.
La sostituzione dei grassi lattiero-caseari tradizionali con oli vegetali ha una lunga storia, che risale almeno alla legislazione statunitense del 1870 e ha guidato il dibattito su grassi saturi verso insaturi. Negli anni ’50, il componente principale degli oli vegetali: l’acido linoleico, capace di diminuire le concentrazioni plasmatiche di colesterolo, e quindi ipotizzato di avere un effetto più favorevole sull’aterosclerosi rispetto ai grassi saturi, quest’ultimi che invece potrebbero aumentare il colesterolo.
Tuttavia, nonostante il suo alto contenuto di SFA, il grasso del latte non promuove l’aterogenesi La capacità degli esseri umani adulti di digerire l’unico zucchero del latte, il lattosio, è evoluta separatamente numerose volte, dimostrando inequivocabilmente che gli antenati dei moderni esseri umani richiedevano il consumo continuo di latticini per la sopravvivenza fino all’età riproduttiva.
L’addomesticamento ovino, caprino e delle pecore iniziò intorno allo stesso tempo, circa 10.000 anni fa, in coincidenza con l’emergere della persistenza della lattasi (ossia la capacità digerire il lattosio).

I grassi saturi della carne di queste specie erano probabilmente un importante contributo alla dieta dell’’uomo, insieme a oli di frutta, ove disponibili, come oliva, avocado e palma, tutti a basso contenuto di grassi polinsaturi, con quest’ultimo anche ad alto contenuto di grassi saturi.
Il grasso di cocco sarebbe stato l’unico seme altamente lipidico e anche questo è altamente saturo. Il consumo di olio di semi, che ora dominano l’approvvigionamento alimentare, sarebbe stato trascurabile fino all’avvento dell’estrazione industrializzata dei grassi avvenuta negli ultimi secoli. Questi fatti storici dimostrano che i grassi erano una parte fondamentale e abbondante dell’antica dieta umana.
Negli anni ’70, molti studi sperimentali su modelli animali sono stati condotti con olio di cocco dietetico di origine non specificata, che ha causato un drammatico aumento del colesterolo epatico e nel sangue nei roditori; questo è stato preso come prova che gli SFA dietetici sono intrinsecamente aterogenici.
Tuttavia, gli oli di cocco dell’epoca erano generalmente molto elaborati e spesso completamente idrogenati. Recenti metodi di preparazione più delicati producono oli di cocco “vergini” che non fanno aumentare il colesterolo LDL rispetto alle abituali diete, inoltre hanno effetti nell’uomo simili rispetto all’olio d’oliva. Gli studi sui roditori hanno dimostrato che, mentre l’olio di cocco altamente elaborato (“raffinato-sbiancato-deodorato”) aumenta il colesterolo sierico, l’olio di cocco vergine no.

Nell’ultimo decennio è emerso in primo piano il concetto dei contaminanti di processo generati dal trattamento ad alta temperatura di oli in presenza di metalli in tracce. I derivati ​​trigliceridi glicidile e gli esteri del monocloropropandiolo (MCPD, comuni contaminanti) sono stati ben studiati per la loro cancerogenicità nei roditori. Recentemente, gli effetti metabolici dell’olio di cocco vergine e della sua lavorazione sono stati studiati su cellule epatiche umane. Il metodo era stato sviluppato per consentire alle cellule di assorbire olio intero, compresi i contaminanti di processo. L’olio è stato passato attraverso successive fasi di lavorazione, a partire con:
-Fase 1: olio vergine
-Fase 2: rimozione degli acidi grassi
-Fase 3: candeggio
-Fase 4: deodorazione

Con l’aumento dell’elaborazione, aumentava il colesterolo cellulare e l’espressione di HMGCoA reduttasi mentre diminuiva l’attività dell’enzima di ossidazione del colesterolo CYP7A1. Una importante alterazione chimica nel l’olio è stato l’aumento sia degli esteri glicidilici che di MCPD.
Sorprendentemente, l’aggiunta di glicidolo o MCPD all’olio di cocco vergine ha parzialmente ricapitolato gli effetti sul metabolismo cellulare del colesterolo. Studi sperimentali sui roditori utilizzando acido linoleico resistente all’ossidazione, di-deuterato in posizione bis allilica, supporta l’ipotesi che prodotti di ossidazione e non gli specifici acidi grassi, causano la formazione della placca nei modelli murini transgenici.
Gli studi sull’uomo, che presuppongono che tutti i cibi ricchi di grassi saturi siano similmente aterogenici, sono stati svolti in epoche precedenti al riconoscimento dei contaminanti di processo.

L’American Heart Association ha recentemente emesso una raccomandazione presidenziale per evitare i grassi saturi, sulla base di studi condotti negli anni Sessanta e Settanta. Tre studi condotti in Europa (Oslo, Norvegia; Londra, Regno Unito; e Helsinki, Finlandia) e uno studio condotto negli Stati Uniti (Los Angeles) comprendono le prove fondamentali scelte sulla base della qualità della progettazione, dell’esecuzione e dell’aderenza dello studio.
Questi studi avrebbero dovuto confrontare diete ad alto contenuto di grassi polinsaturi per un periodo di almeno due anni, e di includere biomarcatori di aderenza e raccolta di eventi di CVD. I parametri chiave di qualità erano che le diete non avrebbero dovuto includere i grassi trans insaturi come principali componenti e che l’assunzione dietetica dei gruppi di confronto fosse controllata.
Tuttavia, un’attenta ispezione delle diete indica in realtà che questo non era così: In primo luogo, gli oli di pesce parzialmente idrogenati erano i principali costituenti delle margarine europee (e canadesi). Gli oli di pesce idrogenati sono ricchi di un’ampia gamma di trans monoeni e polieni non presenti negli oli vegetali parzialmente idrogenati. Lo studio di Oslo, ad esempio, riporta esplicitamente una stima di olio di pesce parzialmente idrogenato da 40 a 50 g/giorno.
In secondo luogo, i 3 studi europei hanno utilizzato le diete abituali come confronto, sostituite poi con diete sperimentali.
Si può quindi dedurre che gli studi europei abbiano testato i grassi polinsaturi contro i grassi trans plus-saturi, il che significa che qualsiasi effetto descritto non può essere assegnato ai soli grassi saturi.

L’eliminazione di questi tre studi dalla metanalisi lascia solo lo studio statunitense, che non ha riscontrato differenze significative tra i gruppi per il suo esito CVD primario. Riteniamo che quest’ultima sia l’interpretazione corretta di questi studi.
Nel loro insieme, queste osservazioni supportano fortemente la conclusione che la salubrità dei grassi non è una semplice funzione del loro contenuto di SFA, ma piuttosto è il risultato dei vari componenti del cibo, spesso indicata come la “matrice alimentare”. Sebbene vari SFA hanno ruoli metabolici distinti, ampie evidenze sono disponibili sia dalla ricerca su specifici cibi, sia da altri componenti alimentari e conseguentemente la matrice alimentare probabilmente domina sul contenuto di grassi saturi.

Commento:
Gli studi su animali che hanno fornito le evidenze sulla tossicità dei grassi saturi sono stati condotti su olio di cocco idrogenato (ossia molto lavorato), così come gli studi clinici europei in cui è stato somministrato olio di pesce parzialmente idrogenato.
Studi più recenti mostrano che sono le lavorazioni dell’olio a produrre una sua tossicità e che l’olio di cocco “vergine”, ossia estratto con procedimenti delicati, ha le stesse caratteristiche dell’olio di oliva, che corrispondono alle migliori in assoluto.
Un elegante lavoro mostra come, partendo da olio di cocco vergine e sottoponendolo alle diverse lavorazioni (idrogenazione, decolorazione e deodorazione) produceva un aumento di colesterolo a causa dell’aumento dell’enzima HMGCoA, che è responsabile della biosintesi del colesterolo, e una diminuzione di un enzima coinvolto nella sua ossidazione chiamato CYP7A1. In altre parole, è stato dimostrato come, sottoponendo l’olio di cocco alle diverse lavorazioni, il risultato ottenuto è il seguente: aumento della sintesi e diminuzione della demolizione.

I processi di lavorazione alterano la composizione degli oli che si arricchiscono in esteri glicidilici e in MCPD. L’aggiunta di queste molecole a oli vergini produce gli stessi effetti sulla sintesi e metabolismo del colesterolo, a ulteriore conferma che i responsabili delle azioni sul colesterolo non sono i grassi saturi ma bensì l’aggiunta di queste molecole e gli esiti delle lavorazioni.

Le nuove evidenze sono molto ben documentate in letteratura, perché allora non rivedere le linee guida alimentari sui grassi saturi?